Press-IN anno X / n. 1548

Il Corriere della Sera del 04-07-2018

PISA. Una coreografia di applausi silenti e lui che si alza in piedi; le mani di chi lo festeggia non battono ma svolazzano a ritmo regolare.

Press-IN anno X / n. 1548

Il Corriere della Sera del 04-07-2018

Lorenzo e la sua tesi sulla sordita’ “Così ho vinto il silenzio assoluto”

PISA. Una coreografia di applausi silenti e lui che si alza in piedi; le mani di chi lo festeggia non battono ma svolazzano a ritmo regolare. Lorenzo Nizzi Vassalle sorride, è felice. Lorenzo ha 24 anni. Lunedì si è laureato in Discipline dello spettacolo e della Comunicazione con 110 e lode, a Pisa. Non udente da sempre (i suoi genitori se ne accorsero quando aveva 6 mesi) ha scritto una tesi che spiega come le nuove tecnologie possano aiutare quelli come lui.

Aiutare chi non sente a leggere, studiare, comunicare, interagire col mondo. E a vivere come chi sente e dunque parla in piena indipendenza.

Una storia illuminante la sua, il cui esito lo si deve alla sua personale tenacia e all’Usid, il servizio per studenti con disabilità dell’ateneo di Pisa che con lui porta alla laurea il primo dei ragazzi che ne usufruiscono. Forse per questo l’abbraccio con cui il rettore Paolo Mancarella lo ha cinto, alla fine delle cerimonia, colpisce. Come colpisce il lungo racconto di sé che, attraverso parole scritte e non dette, ci ha fatto ieri pomeriggio. Partendo proprio dalla ragione per cui ha scritto quella tesi.

«Ho voluto fare un lavoro legato al mondo dei sordi facendo vedere quante lotte hanno dovuto affrontare nel passato e stanno facendo tutt’ora per essere al “pari” degli udenti» ci spiega. E snocciola esempi: «Ci avete mai pensato che un non udente ha bisogno di una sveglia che vibra, o di un campanello di casa che non suona ma fa accendere e spegnere una fonte di luce?. Pensarci può far capire cosa intendo quando uso la parola difficoltà».

Ecco perché ha scelto quella tesi sui media e sulle tecnologie che aiutano quelli come lui. «Ho scritto di Skype, che mi consente di parlare vedendo chi sta dall’altra parte e decodificandone il labiale, di Messenger o WhatsApp con cui si interagisce solo con la scrittura, fino ad arrivare a Instagram che è l’apoteosi della comunicazione per immagini. Per tutti noi avere accesso a questi media è stata una rivoluzione che oggi, da laureato, vorrei condividere con chi ha il mio stesso handicap. Mi piacerebbe sensibilizzare il pubblico su tutto ciò per farci sentire il più possibile inclusi».

Non che sia stato sempre semplice per Lorenzo che, nato a Viareggio, oggi a Lucca vive da solo e presto si trasferirà a Milano: «Gli anni più faticosi sono stati quelli dell’infanzia, con gli altri bimbi che parlavano di calcio o di cartoni visti il giorno prima alla tele, e io che restavo escluso perché non avevano i sottotitoli». È nato sordo Luca, ma ha avuto genitori bravi e attenti e una cugina speciale e amatissima, Daniela. «Grazie a lei, grazie a loro, ho capito i vantaggi della mia diversità, di cui nessuno parla perché è invisibile». Quando era piccolo ricorda: «Il mio babbo fotografava ogni oggetto e accanto metteva la parola corrispondente, in questo modo, attraverso la vista, associavo la parola a quel tipo di immagine dando vita al mio vocabolario personale».

Quando era già più grande, con Daniela — «il maggiore stimolo per me è stata la sua pazienza» — leggeva tanti libri, segnava le parole che non conosceva e poi insieme a lei, con l’ausilio di disegni, ne apprendeva il significato. La rivoluzione, con l’acquisizione del linguaggio dei segni, è arrivata alle superiori, con insegnanti di sostegno e con dei compagni, già più maturi, che gli davano una mano girandogli gli appunti delle lezioni e colmando eventuali gap di comprensione.

Se gli chiedi cos’è il silenzio che sente, quello in cui è immerso quando non indossa delle piccole protesi con cui capta solo qualche rumore, risponde: «Ho gli occhi che coprono questa mancanza e se sento un rumore lo “cerco” con la vista o chiedo a chi ho accanto a me, ovviamente udente. Appena tolgo le protesi non sento assolutamente niente, un silenzio assoluto, e automaticamente il mio corpo si “attiva” dalla testa ai piedi, riesco a sentire i rumori attraverso i piedi o le mani grazie alle vibrazioni (ovviamente a seconda del tipo di rumore) ma quello che mi aiuta di più è la vista. Se vedo una persona arrabbiata, o triste, o delusa — dice Lorenzo — sia con o senza protesi non riesco a capirlo dal tono della voce ma dall’espressione, lo sguardo, il comportamento». Poi aggiunge: «Ho anche un gatto sordo e con lui la comunicazione avviene con la lingua dei segni. Quando arrivo a casa per chiamarlo non serve urlare, accendo e spengo a intermittenza le luci e lui capisce che sono arrivato; oppure per mangiare lo chiamo toccandolo, gli faccio il segno di “mangiare”, lui lo capisce e corre alla ciotola». Lo ha adottato tramite Facebook e prima di portarlo a casa con sé ha dovuto anche operarlo a un occhio che gli dava molto dolore.
«Da quando ha fatto l’intervento è felicissimo, evidentemente prima soffriva, ecco il perché del nome, Cavaliere, colui che ha affrontato con coraggio il viaggio fino alla Toscana e l’intervento». Adesso, insieme a lui affronterà un altro viaggio, quello per Milano per cercare lavoro.

di Chiara Dino

sorride, è felice. Lorenzo ha 24 anni. Lunedì si è laureato in Discipline dello spettacolo e della Comunicazione con 110 e lode, a Pisa. Non udente da sempre (i suoi genitori se ne accorsero quando aveva 6 mesi) ha scritto una tesi che spiega come le nuove tecnologie possano aiutare quelli come lui.

Aiutare chi non sente a leggere, studiare, comunicare, interagire col mondo. E a vivere come chi sente e dunque parla in piena indipendenza.

Una storia illuminante la sua, il cui esito lo si deve alla sua personale tenacia e all’Usid, il servizio per studenti con disabilità dell’ateneo di Pisa che con lui porta alla laurea il primo dei ragazzi che ne usufruiscono. Forse per questo l’abbraccio con cui il rettore Paolo Mancarella lo ha cinto, alla fine delle cerimonia, colpisce. Come colpisce il lungo racconto di sé che, attraverso parole scritte e non dette, ci ha fatto ieri pomeriggio. Partendo proprio dalla ragione per cui ha scritto quella tesi.

«Ho voluto fare un lavoro legato al mondo dei sordi facendo vedere quante lotte hanno dovuto affrontare nel passato e stanno facendo tutt’ora per essere al “pari” degli udenti» ci spiega. E snocciola esempi: «Ci avete mai pensato che un non udente ha bisogno di una sveglia che vibra, o di un campanello di casa che non suona ma fa accendere e spegnere una fonte di luce?. Pensarci può far capire cosa intendo quando uso la parola difficoltà».

Ecco perché ha scelto quella tesi sui media e sulle tecnologie che aiutano quelli come lui. «Ho scritto di Skype, che mi consente di parlare vedendo chi sta dall’altra parte e decodificandone il labiale, di Messenger o WhatsApp con cui si interagisce solo con la scrittura, fino ad arrivare a Instagram che è l’apoteosi della comunicazione per immagini. Per tutti noi avere accesso a questi media è stata una rivoluzione che oggi, da laureato, vorrei condividere con chi ha il mio stesso handicap. Mi piacerebbe sensibilizzare il pubblico su tutto ciò per farci sentire il più possibile inclusi».

Non che sia stato sempre semplice per Lorenzo che, nato a Viareggio, oggi a Lucca vive da solo e presto si trasferirà a Milano: «Gli anni più faticosi sono stati quelli dell’infanzia, con gli altri bimbi che parlavano di calcio o di cartoni visti il giorno prima alla tele, e io che restavo escluso perché non avevano i sottotitoli». È nato sordo Luca, ma ha avuto genitori bravi e attenti e una cugina speciale e amatissima, Daniela. «Grazie a lei, grazie a loro, ho capito i vantaggi della mia diversità, di cui nessuno parla perché è invisibile». Quando era piccolo ricorda: «Il mio babbo fotografava ogni oggetto e accanto metteva la parola corrispondente, in questo modo, attraverso la vista, associavo la parola a quel tipo di immagine dando vita al mio vocabolario personale».

Quando era già più grande, con Daniela — «il maggiore stimolo per me è stata la sua pazienza» — leggeva tanti libri, segnava le parole che non conosceva e poi insieme a lei, con l’ausilio di disegni, ne apprendeva il significato. La rivoluzione, con l’acquisizione del linguaggio dei segni, è arrivata alle superiori, con insegnanti di sostegno e con dei compagni, già più maturi, che gli davano una mano girandogli gli appunti delle lezioni e colmando eventuali gap di comprensione.

Se gli chiedi cos’è il silenzio che sente, quello in cui è immerso quando non indossa delle piccole protesi con cui capta solo qualche rumore, risponde: «Ho gli occhi che coprono questa mancanza e se sento un rumore lo “cerco” con la vista o chiedo a chi ho accanto a me, ovviamente udente. Appena tolgo le protesi non sento assolutamente niente, un silenzio assoluto, e automaticamente il mio corpo si “attiva” dalla testa ai piedi, riesco a sentire i rumori attraverso i piedi o le mani grazie alle vibrazioni (ovviamente a seconda del tipo di rumore) ma quello che mi aiuta di più è la vista. Se vedo una persona arrabbiata, o triste, o delusa — dice Lorenzo — sia con o senza protesi non riesco a capirlo dal tono della voce ma dall’espressione, lo sguardo, il comportamento». Poi aggiunge: «Ho anche un gatto sordo e con lui la comunicazione avviene con la lingua dei segni. Quando arrivo a casa per chiamarlo non serve urlare, accendo e spengo a intermittenza le luci e lui capisce che sono arrivato; oppure per mangiare lo chiamo toccandolo, gli faccio il segno di “mangiare”, lui lo capisce e corre alla ciotola». Lo ha adottato tramite Facebook e prima di portarlo a casa con sé ha dovuto anche operarlo a un occhio che gli dava molto dolore.
«Da quando ha fatto l’intervento è felicissimo, evidentemente prima soffriva, ecco il perché del nome, Cavaliere, colui che ha affrontato con coraggio il viaggio fino alla Toscana e l’intervento». Adesso, insieme a lui affronterà un altro viaggio, quello per Milano per cercare lavoro.

di Chiara Dino